lunedì 27 settembre 2010

Si torna alle 'crociate' contro le donne?


Iniziamo da due affermazioni importanti. La prima è questa:
Va sottolineato come il tasso di abortività in Italia sia fra i più bassi tra i Paesi occidentali”, mentre la seconda è questa:
Siamo in un Paese a bassa natalità ma anche basso ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza – dunque l’aborto non è utilizzato come metodo contraccettivo – e insieme un Paese con limitata diffusione della contraccezione chimica”.
Sono contenute nella Relazione che il Ministro della Salute, il Professor Ferruccio Fazio, ha inviato il 6 agosto scorso al Parlamento.
Il Ministro Fazio ha detto che nel 2009 in Italia sono state effettuate, secondo i dati preliminari in possesso del Ministero della Salute, 116.933 interruzioni volontarie di gravidanza, con un calo del 3,6% rispetto al dato definitivo del 2008.
Un dato, quello del 2008, che vede un dimezzamento (-50,2%) rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto numero di aborti.
Il tasso di abortività, ossia il numero di interruzioni volontarie della gravidanza per mille donne in età feconda tra i 15 e i 49 anni, nel 2009 è risultato pari a 8.3 ogni mille donne, con un decremento del 3,9% sul 2008: un valore tra i più bassi rilevati nei Paesi industrializzati.

Una parentesi, qui, è d’obbligo: tutti quelli che nel 1975 erano già grandicelli ricorderanno che l’Italia era uno degli ultimi Paesi europei in cui l’aborto era ancora una pratica illegale. Ricorderanno anche che nel 1978 (anno in cui entrò in vigore la Legge 194, che riconosce il diritto della donna ad interrompere, gratuitamente e nelle strutture pubbliche, la gravidanza) il Movimento per la Vita scatenò delle furibonde polemiche integraliste, paventando la minaccia di veder crescere a dismisura il numero dei aborti e chiedendone l’abrogazione (nel referendum del 17 e 18 maggio del 1981 queste tesi furono respinte dal 68% degli italiani).

Bastano i numeri sciorinati dal Ministro Fazio per dimostrare che quelle ‘previsioni’ erano solo frutto di furore ideologico e malafede.

Chiusa la parentesi, andiamo avanti: il 9 settembre scorso Emilio Arisi, Consigliere della Società Italiana di Ostetricia e Ginecologia (SIGO), ha detto: “Per la prima volta nel 2009 si è registrato un calo del ricorso alla 'pillola del giorno dopo' pari al 4,7%, mentre “si è registrato un aumento dell'uso della pillola contraccettiva (dal 16,2 al 16,3%). Tra le giovanissime la usa il 18%. Positivi anche i dati sul profilattico, usato abitualmente dal 47% e dal 54% con un nuovo partner”.
Cresce, quindi, una sana consapevolezza, nonostante, a dirlo è stato sempre Emilio Arisi, i Consultori siano il 30% in meno del numero stabilito dalla Legge: “Attualmente in Italia esistono 2.168 Consultori pubblici e 114 privati, per un totale di 0,7 Consultori per 20mila abitanti, quando dovrebbero essere uno ogni 20mila abitanti, come previsto dalla Legge 34/1996. Tra l’altro i Consultori privati non collaborano mai nell’opera di educazione sessuale e alla contraccezione, essendo di tipo religioso o confessionale”.

Bene, adesso gli integralisti hanno però trovato un nuovo argomento. La pillola RU486, il nuovo ‘Satana’, che viene usata per le sempre amate (dai politicanti) operazioni di bassa macelleria.
Anche in Umbria (o, meglio, tra i politici umbri...insomma, guardando certi esempi, politici è un parolone) si infiamma il dibattito sulla pillola RU486) e, come sempre, mica si discute del merito: si fa professione di ideologia e di integralismo.
La politica (l'Arte di governare le società, mi pare…) c’entra meno di niente: il centrodestra, come un sol uomo, è per l’ospedalizzazione e la schedatura delle donne che volessero far ricorso alla cosiddetta ‘pillola abortiva’, mentre il centrosinistra, manco a dirlo, va avanti in ordine sparso.
Nei giorni scorsi i consiglieri regionali del PD Luca Barberini, Andrea Smacchi e Eros Brega (che aveva precisato di esprimersi nella veste di Consigliere e non di Presidente dell’Assemblea Legislativa, come se alla gente interessasse molto), avevano dichiarato che “come previsto dalla legge nazionale, le pratiche di interruzione volontaria di gravidanza” devono essere “garantite nelle strutture ospedaliere”.
A loro aveva già replicato Paolo Brutti, Consigliere e Fiduciario regionale dell'Italia dei ValoriLa donna che voglia prolungare il ricovero ospedaliero è libera di farlo, così come è libera di farsi assistere e sostenere psicologicamente. Colei che, invece, preferisce vivere in maggiore autonomia questa pratica deve poterlo fare senza essere costretta a sostare giorni interi nelle affollate strutture ospedaliere”.
Mentre Damiano Stufara, Capogruppo di Rifondazione Comunista, aveva sintetizzato così: “In nessun altro Paese dove la RU486 è legale, è previsto il ricovero delle donne in ospedale. La somministrazione avviene normalmente in regime di day hospital”.
Stefania Cherubini, Assessore Provinciale alle Pari opportunità e Cultura della Provincia di Terni è stata chiarissima: “Forse un’ansia di eccessiva visibilità ha suggerito a qualcuno di criticare la decisione assunta dalla Giunta Regionale sulla pillola abortiva. Le argomentazioni sostenute ricordano da vicino quelle che vennero utilizzate circa quarant’anni fa in occasione del dibattito sulla legge 194/1978 sul diritto all’aborto. E’ bene che si sappia che le donne non intendono tornare indietro rispetto a principi non contrattabili quali l’autodeterminazione e la libertà su scelte difficili e dolorose quali quelle che riguardano la maternità. Ospedalizzare l’assunzione della pillola, in assenze di emergenze sanitarie reali, significa soltanto evidenziare un desiderio di individuazione, registrazione ed emarginazione delle donne che scelgono quella strada, limitando la loro libertà con la pubblicizzazione di un momento che deve invece essere vissuto nella più totale intimità”.

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