domenica 26 settembre 2010

L'Italia? Meglio delle Cayman


Si dice che chi conosce il suo nemico e conosce se stesso potrà affrontare senza timore cento battaglie”. (Sun Tzu - V secolo a.C.).
Mi è venuto in mente qualche giorno fa, quando mi è capitato in mano un magazine ‘per ricchi’ (ci lavora un amico con il quale, quando ci vediamo a cena, scambiamo i rispettivi ‘prodotti’…non vi dico le risate) e nel quale, ho scoperto con stupore, si dicono cose che se le dicessi io che ‘non ho un euro’, provocherebbero subito la reazione di qualche idiota in servizio permanente effettivo.

Un paio ve le riporto. Per provocare, ovviamente:
In un ‘box’ (dal quale ho ‘rubato’ il titolo), a corredo di un servizio titolato Pianificare meno tasse, il Professor Giuseppe Marino, Direttore del Master in Diritto Tributario della Bocconi, spiega ai ricchi lettori del magazine che "negli ultimi mesi è diventato scomodo e indelicato parlare di pianificazione fiscale. E, comunque, bisogna ammettere che da un punto di vista tributario viviamo già nel Paese di Bengodi”.
Perché "la politica di Tremonti, fatta di bastone e carota, prevede un contrasto spietato all'elusione internazionale da una parte, e un progressivo alleggerimento della pressione fiscale come contropartita".
Secondo Marino, infatti, la legislazione tributaria italiana presenta ora indiscussi vantaggi rispetto a quelle dei principali Paesi della ‘zona euro’. Come nel caso, per esempio, dell'imposizione sui redditi da capitale, tassati alla fonte al 12,5% senza nemmeno alcun obbligo dichiarativo da parte del suo possessore: "Se la prospettiva della pianificazione fiscale dovesse essere quella di ridurre il peso dell'imposta di successione, basti pensare che dopo la sua totale abolizione tra il 2001 e il 2006, la nuova legge prevede il pagamento del 4% sui patrimoni superiori al milione di euro. Un balzello ragionevole – spiega il docente – che, a mio parere, non giustifica più il rischio di mettere in piedi complicati strumenti finanziari".

Piuttosto chiaro, mi sembra. Ma se lo dicesse uno ‘di sinistra’ sarebbe “l’ennesima dimostrazione dell’invidia, dell’odio”…eccetera, no?

In una lettera, un ricco e preoccupato lettore chiede: “Il nostro patrimonio, composto da titoli, è in un conto secretato. Vorremmo acquistare una seconda casa al mare da un privato, nostro conoscente. In questo modo perderemmo il regime di riservatezza? Quali sono le tasse da pagare per l'acquisto dell'abitazione?
L’avvocato Roberto Lenzi, lo tranquillizza: Comunque in caso di accertamento da parte delle autorità fiscali si può opporre lo scudo limitatamente agli importi rimpatriati”. Of course.
Ma, per stare più tranquilli: “Se la somma da destinare all'acquisto immobiliare è una parte di quella complessiva depositata nel conto secretato, è consigliabile trasferire la liquidità necessaria in un secondo conto secretato e da questo fare uscire la somma per l'acquisto. In tal modo vi sarebbe evidenza, nel trasferimento, solamente di questo flusso”.
E, infine: “Con riferimento alle fiscalità (indiretta) connessa all'acquisto dell'abitazione, vi sono da corrispondere la imposta di registro (pari al 7%) e quelle ipocatastali (pari al 3%). Il valore imponibile potrà essere rappresentato dal valore catastale (anziché da quello di mercato)...Ne deriva un pagamento su un valore più basso di quello di mercato, nonché la preclusione per il fisco dell'accertamento induttivo di maggior valore del bene”.

E noi, qui, a chiederci come sia possibile che i ricchi diventino sempre più ricchi?
 

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